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Dott. Savino Pezzotta
OCCORRE UN MAGGIORE IMPEGNO SOCIO-POLITICO PER RIDARE SPERANZA

La “questione sociale” s’intreccia in modo indissolubile con la “questione antropologica”.
Da questa consapevolezza è partito l’intervento di Savino Pezzotta al convegno ecclesiale di Verona. L’ex segretario generale della Cisl, ora presidente della Fondazione Tarantelli, ha cercato di delibare un percorso tra “percorsi positivi compiuti” in questi decenni dalla società italiana e un nuova e forte attenzione, richiesta dai cambiamenti e contraddizioni che questa crescita ha generato: la società  post-industriale (dal lavoro ai lavori), la finanziarizzazione dell’economia, i forti divari territoriali, la presenza di nuove povertà, di nuove emarginazioni, dei senza lavoro e dei disoccupati giovani o in età  matura, dei precari sul lavoro e nella vita, le difficoltà  delle famiglie nel far quadrare il bilancio e economico e sociale (soprattutto quelle mono reddito e con figli), il crescente numero di anziani non autosufficienti, il permanere di fasce di giovani ed adolescenti in difficoltà  o costretti alla solitudine e il fenomeno, anche culturale dell’immigrazione.
Guardare alla situazione chiave antropologica, porta a percepire l’influenza del progresso scientifico e tecnico sullo statuto stesso delle persone, le tante sfide rischiose, ma anche la crescita di nuove sensibilità. Una nuova coscienza sociale e una domanda di senso che riesce a generare esperienze e nuovi stili di vita; si pensi all’associazionismo, alla cooperazione e, più in generale, alle nuove forme d’economia civile, al terzo settore, al consumo responsabile, alle tematiche ambientali e all’attenzione ai poveri che passa attraverso il volontariato.
In questo scenario, riemerge, dopo tanto immanentismo, materialismo e paneconomicismo, la nostalgia della trascendenza e della dimensione spirituale dell’uomo.
“La frontiera dell’impegno dei cattolici”, ha detto il sindacalista, è “costruire un nuovo discorso pubblico”. E per far questo è necessario discernere il senso profondo e il vissuto personale rispetto ai grandi processi di  lobalizzazione. Siamo sempre più interconnessi in reti e ogni giorni facciamo esperienza di nuove culture lontane che si fanno vicine. Per questo occorre “un impegno socio-politico che si eserciti per strada, nella piazza e nei luoghi della vita e non solo in quelli deputati alla politica, che purtroppo, tendono sempre di più a divenire esclusivi”. Vanno, poi, prodotti “nuovi livelli di solidarietà e di partecipazione civile e politica, attraverso l’applicazione  del principio di sussidiarietà  e con il dinamismo della personalizzazione proprio dell’associarsi”. I campi a cui tutto ciò si applica vanno dal lavoro, recuperando “la dimensione relazionale dell’economia attraverso nuove forme di partecipazione e soprattutto valorizzando le esperienza dell’economia civile, del terzo settore, dell’impresa non profit, della cooperazione dell’economia etico-solidale, delle nuove attività di cura e mutualità”. Tutte espressioni di vivacità  in cui i cattolici, non da oggi, sono in prima linea.
C’è poi la famiglia, di cui va riconosciuto il ruolo sociale e comunitario. Ci sono le situazioni di povertà  e di difficoltà legate al territorio, all’essere donna, giovane in cerca di prima occupazione, immigrato che porta con sé una cultura dentro la valigia di cartone, anziano. Allora, la prima cosa che un cristiano deve fare è “costruire e vivere una spiritualità della speranza”. Mettersi in rete, fare opere, vivere la fraternità, che non è mai “omogeneizzazione”, globalizzare la solidarietà , per riprendere una celebre espressione di Giovanni Paolo II. Pezzotta ha concluso, poi, con due precisazioni di metodo, riguardanti la politica: non è in essa che si realizza l’unità  dei cristiani e “questa logica obbliga i cattolici a fare i conti con il bipolarismo e a scegliere, in libertà, di militare ed impegnarsi in uno o nell’altro schieramento, assumendo un ruolo efficace e visibile nell’elaborazione politico-programmatica.

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   Pezzotta_integrale.doc

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