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FABRIS: TRA LAVORO E FESTA RISCOPRIAMO IL TEMPO PER LE RELAZIONI UMANE

Il mondo del lavoro è in radicale trasformazione. E con esso cambia anche il modo di vivere la festa. Per capire come queste realtà mutano, e per capire lo spazio che può avere la testimonianza cristiana della speranza in questo ambito, occorre ascoltare il ritmo dell’alternarsi di fatica e riposo.

Esso oggi sembra essersi spezzato, ha esordito Adriano Fabris, docente di Filosofia Morale a Pisa, nell’intervento odierno al convegno di Verona. Venendo meno la relazione tra lavoro e festa, ha spiegato il docente, “è minata alla base la possibilità che l’uomo ha di andare al di là di sé: è messa in questione la sua possibilità di aprirsi al futuro. E viene meno così la capacità di sperare e di testimoniare la speranza”.

Sotto la lente dello studioso sono finiti dapprima le trasformazioni nel mondo produttivo, il concetto di festa, poi la loro relazione e, infine, il tempo cristiano. Nello scenario del passaggio dal fordismo, in cui l’operaio produceva qualcosa, ma non si realizzava nel suo lavoro, all’idea di lavoro come vocazione - in cui il lavoro è più creativo, apre alle relazioni ed è divenuto esso stesso scopo (e anche l’impresa si trasforma sempre più, superando il semplice modello capitalistico) - resta un problema di fondo. C’è sì la possibilità d recuperare senso, ma “per ottenere questo il lavoro certo ci deve essere.

Esso deve risultare in qualche modo garantito”. Il lavoro è un diritto. Anzi, “si tratta di garantire la scelta del lavoro più rispondente alla propria vocazione”. Purtroppo sempre più non è così, e si prende ciò che capita. Ecco allora che il lavoro diventa dovere da eseguire con fatica e controvoglia. Vi sono, poi, tutte le problematiche sociali e di cittadinanza legate all’esclusione dal lavoro – o dai diritti a esso legati - di zone dell’Italia come gran parte del Sud, delle donne, degli extracomunitari. “Di fronte a tutto questo i cristiani non possono restare indifferenti”, ha detto Fabris, ricordando anche i tanti addetti dei call center che hanno persino un loro patrono, San Precario. “Il lavoro che manca oggi – ne conclude il filosofo – non è semplicemente lavoro negato. E come tale non è solamente il segno di una mancanza di futuro che porta inevitabilmente alla disperazione”.

Esso è addirittura “la messa in discussione della nostra vita; è il rischio che venga meno la nostra capacità di realizzarci in rapporto con gli altri e con il mondo, all’interno di un più ampio contesto temporale caratterizzato dalla scansione di momenti feriali e momenti di festa”. Anche questi ultimi possono essere vissuti per se stessi per gli altri. Nel primo caso possono essere vuoti e indicare immaturità nel relazionarsi, ma anche essere la necessaria ricarica per poi dedicarsi ai secondi, cioè alla cura del rapporto con il prossimo o con Dio.

Purtroppo si assiste, invece, alla festa come consumo, e al lavoro come necessità per il consumo. Così la festa non diventa solo un diritto al riposo e alla ricreazione, ma un dovere. “Il dovere di divertirsi a tutti i costi”. Insomma la relazione tra lavoro e festa è malata, anzi negata. “Oggi – ha notato lo studioso – viviamo in un’epoca in cui molti credono che tutto sia lavoro e molti altri credono che tutto sia festa”. I primi sono spinti o dal bisogno (e sono, dunque, costretti) ovvero dalla voglia di guadagnare di più, mentre c’è anche chi p drogato di lavoro. In parallelo “ci sono quelli per cui non solo la festa è tutto, è un valore sopra ogni cosa, ma per cui in special modo tutto è festa: una festa per lo più senza obblighi, un tempo di disimpegno e di ozio, che deve essere lasciato vuoto e che sovente, proprio in quanto vuoto, pesa”. D’altro canto il rapporto festa/lavoro è anche segnato da indifferenza. Tutto sembra uguale a tutto, è già visto, già noto. Qui si innesta la meditazione di Fabris sul tempo cristiano, che al contrario è “tempo di occasioni”. “Si tratta – ha esemplificato – di un tempo di attesa di ciò che può accadere da un momento all’altro.

Si tratta di un tempo differenziato e differenziante: di un tempo di relazione, all’interno del quale possono sempre realizzarsi piccole resurrezioni”.

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   Fabris_integrale.doc

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