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La sorgente della testimonianza Vedi anche:
«Cristo è morto una volta per sempre per i peccati,
giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio;
messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito» (1Pt 3,18)

«Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede»

2. Come Gesù Risorto rigenera la vita nella speranza?

La prima lettera di Pietro ha vivissima coscienza che il centro della testimonianza cristiana è il Crocifisso Risorto. La Pasqua è proposta alla comunità nella sua irripetibile novità: «Cristo è morto una volta per sempre… messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito» (1Pt 3,18). La professione della fede pasquale sprona i credenti nella prova, li sostiene nella tribolazione e trasforma la loro vita.
La Chiesa italiana si prepara al Convegno Ecclesiale di Verona a partire da questa gioiosa proclamazione: Gesù, il Crocifisso, è Risorto! Questa è la speranza viva che essa intende offrire agli uomini di oggi. La Chiesa e i credenti sanno di annunciare e portare una grazia che non possiedono in proprio, ma di cui sono a loro volta gratificati, «liberati… con il sangue prezioso di Cristo»
(1Pt 1,18-19). Non hanno altro dono da proclamare: a partire dalla risurrezione di Gesù, la vita donata con lui e come lui è il fine della persona, il futuro della società e il motore della storia.
La proclamazione della speranza della risurrezione riveste oggi particolare significato per dare forza e vigore alla testimonianza. In un tempo dominato dai beni immediati e ripiegato sul frammento, i cristiani non possono lasciarsi omologare alla mentalità corrente, ma devono seriamente interrogarsi sulla forza della loro fede nella risurrezione di Gesù e sulla speranza viva che portano con sé. Credere nel Risorto significa sperare che la vita e la morte, la sofferenza e la tribolazione, la malattia e le catastrofi non sono l’ultima parola della storia, ma che c’è un compimento trascendente per la vita delle persone e il futuro del mondo.
La speranza è un bene fragile e raro, e il suo fuoco è sovente tenue anche nel cuore dei credenti. Lo aveva già intuito Charles Peguy: «La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi [la fede e la carità] e non si nota neanche». Quasi invisibile, la «piccola» sorella sembra condotta per mano dalle due più grandi, ma col suo cuore di bimba vede ciò che le altre non vedono. E trascina con la sua gioia fresca e innocente la fede e l’amore nel mattino di Pasqua. «È lei, quella piccina, che trascina tutto» (da Il portico del mistero della seconda virtù).
Se la speranza è presente nel cuore di ogni uomo e donna, il Crocifisso Risorto è il nome della speranza cristiana. Vedere, incontrare e comunicare il Risorto è il compito del testimone cristiano.


Vedere il Risorto: un’esperienza di conversione

3. La fede pasquale è anzitutto esperienza di conversione. Molti racconti delle apparizioni del Risorto iniziano annotando come i discepoli, le donne, coloro che hanno seguito Gesù lungo il cammino non lo riconoscano. Il dubbio è sconvolgente: perché non vedo il Signore presente? Gesù Risorto non viene subito riconosciuto. I discepoli, dispersi dalla prova della croce, sono invitati a una nuova prova: dalla precedente conoscenza di Gesù come maestro e profeta devono passare all’esperienza della comunione di Gesù con il Padre. Questo passaggio comporta una duplice conversione.
La prima conversione riguarda l’identità di Gesù. Gesù di Nazaret non è solo il profeta che ha rivendicato di essere il Figlio di Dio, ma è il Signore che, seduto alla destra del Padre, conserva le piaghe del Crocifisso, «agnello senza difetti e senza macchia»
(1Pt 3,19). Non è solo il Signore che si fa servo, prendendo le nostre piaghe e le nostre ferite, le nostre malvagità e il nostro peccato; ma è il servo che diventa e resta Signore per sempre, trasfigurandoci con la sua carità sino alla fine. Le ferite del Crocifisso non sono il segno di un incidente da dimenticare, ma una memoria incrollabile nella testimonianza della Chiesa.
L’annuncio pasquale di Pietro a Pentecoste è il documento della conversione pasquale dei discepoli. Ciò che è avvenuto in loro, Pietro lo proclama a tutti: voi avete crocifisso Gesù di Nazaret, ma egli non è più negli “artigli della morte”, perché Dio lo ha reso Signore vivente
(cfr At 2,22-24). Questa è la certezza su cui si regge o cade la testimonianza: leggere la croce di Gesù con gli occhi di Dio.
La seconda conversione riguarda il volto della Chiesa. Vedere il Risorto significa che la comunità dei discepoli, che ha seguito il maestro per le vie della Palestina, deve diventare la Chiesa-comunione che mette il Risorto al suo centro e lo annuncia ai fratelli. Come la donna che parte dal giardino della risurrezione e va dire ai fratelli: «Ho visto il Signore!»
(Gv 20,18).
Cambia così anche il nostro modo di essere comunità credente e di appartenere alla Chiesa. La Chiesa non è solo il luogo del bisogno di guarigione, di serenità, di pace, di armonia spirituale, di impegno per il povero. La Chiesa del Risorto è la comunità costruita sull’amore, in cui ciascuno può dire all’altro: io ti prometto, io ti dono la mia libertà. La presenza del Risorto nella vita del testimone crea così la comunità della testimonianza. La libertà dell’uomo, che oscilla tra desiderio illimitato e capacità limitate, si trova non solo guarita dal suo delirio di onnipotenza, ma diventa una libertà liberata per la comunione. La dinamica della missione a tutte le genti trova qui la sua sorgente invisibile e inesauribile.


Incontrare il Risorto: un’esperienza di missione
4. La fede pasquale è, in secondo luogo, esperienza di missione. È quanto esprime il mandato finale nel Vangelo di Matteo: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e fate discepole tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
(Mt 28,18-20). La missione è l’incontro con il Risorto, la cui signoria riconcilia il cielo e la terra.
Da qui scaturisce la missione di fare di popoli diversi la Chiesa universale e da qui proviene il mandato di far partecipare tutti alla vita trinitaria mediante il battesimo. Tutto ciò avviene perché il Signore è con noi tutti i giorni. Non c’è prima la fede pasquale e poi il mandato missionario, non c’è prima la comunione e poi la missione: la comunione e la missione della Chiesa sono i due nomi di uno stesso incontro, che custodisce il volto paterno di Dio e la vita fraterna e solidale dell’uomo.
Il Nuovo Testamento ci presenta due dimensioni complementari dell’evento della Pasqua: la prima ne sottolinea l’unità, collocando nello stesso giorno risurrezione di Cristo, apparizioni ai discepoli e dono dello Spirito (
cfr Lc 24; Gv 20; Fil 2; Eb 8-9); la seconda sviluppa questa sequenza secondo lo schema dei quaranta giorni, nella scansione di un tempo fondatore, che termina con l’Ascensione, e del suo sviluppo nel dono dello Spirito a Pentecoste (cfr At 1; Rm 8; 1Cor 15,1-11). Le due dimensioni dell’evento pasquale esprimono la ricchezza dell’incontro con il Risorto: da un lato, gli uomini possono accostarsi al Signore riconoscendolo come il Vivente e riconoscendosi come nuova creatura in lui, a qualsiasi popolo appartengano e ovunque siano nati; dall’altro, il Risorto irradia la sua singolarità nel tempo e nel mondo, nella successione dei giorni e nell’ampiezza dello spazio, perché mediante il suo Spirito creatore egli raggiunge gli uomini e la creazione tutta. La singolarità e l’universalità sono i due tratti distintivi della Pasqua e illustrano il movimento della testimonianza cristiana.


Comunicare il Risorto: un’esperienza di relazione
5. L’incontro con il Risorto, infine, è esperienza di relazione. La missionarietà della Chiesa non ha lo scopo di dire “altro” o di andare “oltre” Gesù Cristo, ma di condurre gli uomini a lui. Il modo è uno solo: una relazione “spirituale”, capace di trasformare la vita personale e sociale. Il mistero della Chiesa, il senso dei suoi gesti e delle sue iniziative, la forza della sua testimonianza hanno il compito di introdurre gli uomini alla relazione viva con il Risorto.
La Chiesa è evento dello Spirito, ambiente spirituale dove avviene l’incontro con Gesù Risorto. Lo Spirito della vita è lo Spirito che guida a Gesù, la verità integrale: «Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future»
(Gv 16,13). Non parla da sé, perché è Spirito della relazione, è il legame tra il Padre e il Figlio, è l’osculum caritatis, il “bacio santo”. Per questo la Chiesa è il segno reale del Vangelo accolto, è la comunità generata dalla Pasqua di Gesù nello Spirito, sorgente di speranza e di creatività per la vita del mondo.
Testimone è chi sa sperare. La testimonianza cristiana è contrassegnata dalla speranza di Pasqua, dal giudizio sul peccato del mondo che non ha accolto il Salvatore e dalla riconciliazione con cui il mondo viene redento e trasfigurato. Il luogo di questa riconciliazione è l’uomo nuovo, restituito alla buona relazione con il Signore e reso capace di plasmare la vita, di condurre un’esperienza quotidiana di relazione in famiglia, con gli amici, al lavoro, nella società. In questi scenari si attua l’esercizio del cristianesimo radicato nella speranza della risurrezione.


Per la riflessione e il confronto
(N.B. I testi riportati qui sotto sono disponibili
anche nelle diapositive .Pdf allegate in calce alla pagina)

 

-        Il cuore della proclamazione e della testimonianza cristiana è Gesù Cristo Risorto, fonte di speranza per il credente e fondamento del suo impegno per rinnovare la vita e il mondo. In un clima sociale e culturale in cui gli orizzonti sono spesso fissati su piccoli frammenti di vissuto, come può la speranza cristiana mobilitare le energie spirituali, purificare e orientare le speranze fragili, sostenere i momenti di delusione?  

-        La fede e la speranza nella resurrezione non devono far dimenticare lo scandalo della croce: il Risorto è e rimane il Crocifisso, solidale con tutti gli umiliati della terra. In quali forme e verso quali situazioni la testimonianza cristiana è chiamata oggi a rendere presente questa solidarietà?

 

-        Il Crocifisso ha vissuto la sua morte ignominiosa in una estrema fiducia in Dio e con una totale disponibilità di amore e verso l’umanità. Per questo Dio lo ha risuscitato e costituito Signore e autore della vita. Come vivere la malattia, il dolore, la sconfitta quali esperienze in cui Dio può far rinascere una vita nuova? Come riproporre le virtù della pazienza e della perseveranza per dare senso anche alle situazioni di apparente fallimento? Che cosa può suggerire alla vita e alla prassi delle comunità cristiane il fatto che Dio scelga le cose deboli per confondere quelle potenti?

 

-        Il Risorto è Colui che vive per sempre nella piena disponibilità al dono di sé verso tutti, fissato definitivamente nella sua morte. Egli è la nostra pace: ci riconcilia con il Padre e tra noi e ci fa dono della comunione. Le nostre comunità cristiane sono scuole di formazione a relazioni gratuite e riconcilianti? C’è in esse l’attenzione a una cultura di pace e di pacificazione, di cui avvalersi nei rapporti e nell’impegno sociale?

 

-        Incontrare il Signore Risorto è scoprire che egli è il Salvatore di tutti gli uomini e che la sua potenza salvifica si estende nel tempo e nel mondo. È viva nei credenti la coscienza che la fede pasquale è per sua natura missionaria e testimoniale? Come la vita quotidiana può diventare luogo dell’incontro con il Risorto presente e attivo in ogni tempo? Come può l’impegno professionale, culturale, sociale porre i segni di quel mondo nuovo germinato con il Risorto?

 

-        La comunità cristiana è lo spazio storico e comunitario dove lo Spirito attua visibilmente nei segni – parola, sacramenti, comunità – la presenza e l’azione salvifica del Risorto. Le nostre comunità cristiane cercano di essere un “ambiente di spiritualità” che apre all’incontro con il Risorto e lo favorisce? Come liberarle dal diffuso ripiegamento su se stesse, dall’appagamento di una convenire consolante, delle preoccupazioni di carattere organizzativo?

 
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