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“CITTADINANZA, PRIMA COSA DISCERNERE”

In un’epoca che ha visto la fine di tante ideologie e prassi, “non è presunzione affermare che i cattolici hanno a disposizione una quantità non trascurabile di un tipo di risorse  sempre più scarso, che potrebbe generare, seppure senza alcun determinismo un’importate svolta civile”. Lo ha affermato il sociologo Luca Diotallevi nella sua relazione odierna al 4° Convegno Ecclesiale di Verona. “La coscienza di questa dotazione  - ha proseguito – è una delle forme iniziali che può assumere una rinnovata responsabilità per la città da parte dei cattolici italiani, una responsabilità che non autorizza alcun disegno egemonico, peraltro improbabile, che non cancella la possibilità del pluralismo e soprattutto è una responsabilità che ci giudica; come un talento”. Discernimento è stata la parola chiave della riflessione di Diotallevi, che ha introdotto ai lavori dell’ambito sulla cittadinanza.

Ci sono due processi in corso, ha spiegato lo studioso di fenomeni sociali, che toccano l’idea di cittadinanza. Innanzitutto ne sono entrati a far parte, oltre ai diritti civili e politici, anche i cosiddetti “diritti sociali” (lavoro, istruzione, salute, abitazione, informazione, ecc.). Contemporaneamente, è venuto meno il potere dello Stato “di dare effettività a questa nuova e ben più estesa idea di cittadinanza”.  In questo scenario  il sociologo ha proposto tre riferimenti prospettici per il discernimento: uno teologico, uno spirituale e uno sul rapporto tra religione e politica. Il primo è partito dall’idea teologica di città (da sant’Agostino in poi).
 
Quella “degli uomini – ha notato – non può vantare una stabilità, agli occhi del credente in cammino verso quella Gerusalemme celeste che sarà donata e non costruita da mani d’uomo. Ogni città per quanto fortificata resta un accampamento provvisorio”. E la Chiesa “non è una città, né un’altra città. La Chiesa ed i credenti condividono la stessa città degli uomini e delle donne, come contesto favorevole a dialoghi, relazioni, associazioni ed interessi comuni e non di meno alla regolazioni di conflitti e competizioni tra interessi”.
 
Dal punto di vista spirituale vi è un indubbio conflitto tra santità e mondanità. Da cui si può tentare di uscire, vedendo il santo come colui che vive l’amicizia con tutti gli uomini della città. Infine, venendo al rapporto tra religione e politica, Diotallevi si è chiesto se affermare l’impegno di chi crede non equivalga a mettere in discussione il principio di laicità, ricordando i principi vigenti della laïcité di stampo francese e della religious freedom americana, che portano rispettivamente alla separazione con e senza subordinazione della religione alla politica.
 
In generale, non mancano ragioni di fatto e di principio perché i cattolici, e più in generale tutte le confessioni provenienti dalla tradizione ebraico-cristiana, si impegnino per la difesa e il rinnovamento di assetti istituzionali e culturali nei quali le istituzioni, le organizzazioni e le culture religiose concorrono in varie forme a sostenere ed orientare un regime di separazione tra politica e religione. Davanti a questo impegno stanno vere e proprie minacce. Diotallevi ne individua cinque: la mancanza di diritti civili in vaste aree del Paese, soprattutto al Sud; la tendenza alla corruzione e alla concussione; i nodi riforma della giustizia; l’esercizio in grado minimo dei diritti civili e politici; carattere non impeccabile assunto da certe istanze locali.
 
Sullo sfondo c’è un modello sociale europeo in crisi. Anche di valori: riguardo alla vita, la famiglia, la parità scolastica, il declino demografico. Questioni che richiedono “una razionalità e una legittimità tutt’altro che circoscritte al perimetro religioso”. Vi è poi una “questione economica”, tra spinte dirigiste e liberiste, che mette anch’essa in forse l’idea di cittadinanza.
 
Infine, lo sguardo dell’analista si è posato sulla comunità ecclesiale: occorre interrogarsi su come in essa si viva un “accoglienza non paternalistica” e su come si educhi alla partecipazione (con tempo e denaro) e alla produzione di beni pubblici. Un caso emblematico è il gran numero di persone che fanno offerte per singoli enti religiosi conosciuti, numero che cala drasticamente quando il soggetto diventa più ampio e indistinto. Infine, Diotallevi si è concentrato sulle influenze negative che gravano sui cattolici. Non bisogna cedere alle logiche dello scandalo o dell’indulgenza, quanto piuttosto esercitare umiltà e ascesi. “Non saranno infatti, ambizioni e privilegi, né alcuna forma di religious pride a mostrarci la strada e le forme migliori per l’esercizio del cristianesimo nella città e per la cittadinanza: esse somigliano troppo alla nostalgia per le cipolle d’Egitto”.

 
prof. Luca DIOTALLEVI
vedi la scheda sintesi relazione


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